
Non servirà più a trovare un lavoro ben remunerato, ma la cultura conserva ancora la fama di filtro delle passioni. Perciò ha fatto scalpore il professor Gozzini dell’università di Siena, che ha sfoderato l’intero bestiario delle volgarità per attaccare Giorgia Meloni. Gozzini intendeva rinfacciarle di non avere mai aperto un libro, ma con quell’eloquio da taverna social dimostra soltanto quanto poco giovamento abbia tratto lui nel leggerli.
Il prof si ritrova in ottima compagnia. Anche nelle classi colte l’ironia è stata sostituita dalla comicità greve e l’umorismo dal sarcasmo. Per strappare l’applauso, o semplicemente per farsi capire, bisogna esibire un gestaccio, dire una parolaccia, storpiare in modo becero il nome del bersaglio dialettico. La pelle dei cosiddetti intellettuali si è talmente inspessita che, se ti azzardi a usare il fioretto al posto della più comoda clava, rischi di non lasciare il segno. La mitezza è sinonimo di debolezza, quando non di connivenza. Ricordate il Veltroni che si rifiutava di nominare Berlusconi nei comizi? Passò per ipocrita. L’avversario va aggredito e dileggiato, mescolando il disprezzo alla violenza verbale. Chissà che cosa si direbbe oggi del feroce ma elegantissimo scambio tra lady Astor e Churchill: «Se io fossi vostra moglie, vi avvelenerei il caffè», «E se io fossi vostro marito, lo berrei». Dal momento che non le diede della vacca, siamo sicuri che al vecchio Winston la signora stesse davvero sullo stomaco?
23 febbraio 2021, 07:09 – modifica il 23 febbraio 2021 | 07:10
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Giovanni Gozzini e gli insulti a Meloni: i senza filtro | Gramellini – Corriere della Sera
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